lunedì 26 maggio 2008

Lezione su Freud (Amodeo)

SVILUPPO PSICHICO DEL BAMBINO
S. FREUD
(1856-1939)
La psicoanalisi è una disciplina scientifica, iniziata per opera di S. Freud, che si occupa del funzionamento mentale sia normale che patologico (anche se è derivata principalmente dallo studio e dal trattamento della patologia).
La teoria freudiana è molto complessa, ed è stata soggetta a continue riformulazioni, approfondimenti, ampliamenti da parte del suo stesso ideatore.
Secondo la teoria di S. Freud lo sviluppo psichico del bambino segue un percorso regolare, attraversa degli stadi ed è universale.
Il mancato superamento di uno stadio determina la fissazione, causa originaria delle malattie nevrotiche. E’ proprio dall’analisi dei sintomi nevrotici che Freud scopre la sessualità infantile e postula l’esistenza di quattro fasi nello sviluppo psicosessuale del bambino.
Tutta l’organizzazione della vita psichica si regge sui concetti di libido (energia psichica associata alla pulsione sessuale), di pulsione e sul principio di piacere (formulato in modo semplice il principio di piacere stabilisce che la nostra mente tende ad operare in modo tale da ottenere il piacere e da evitare il suo opposto).

La pulsione, in quanto stimolo psichico, dirige e orienta il comportamento dell’individuo dalla prima infanzia; è una forza costante che agisce dall’interno del corpo e che raggiunge la meta del soddisfacimento quando l’organismo trova in sé o nel mondo esterno un oggetto per l’investimento libidico.
Prima di ricercare nel mondo esterno gli oggetti della pulsione, il bambino investe quelle parti del proprio corpo che sono predestinate ad essere delle zone erogene, cioè degli organi preferenziali la cui stimolazione provoca una sensazione di piacere.
Per ogni fase dello sviluppo psicosessuale c’è una specifica zona erogena e la meta cui mira ciascuna pulsione, che in quanto legata a tali zone erogene può essere considerata parziale, è il conseguimento del piacere d’organo. Una volta raggiunta la sintesi nella fase genitale le pulsioni si pongono al servizio della funzione riproduttiva.
La prima organizzazione sessuale pregenitale è di tipo orale. L’attività sessuale in questa fase è strettamente legata all’assunzione di cibo; tuttavia diventa fonte di piacere e di soddisfacimento anche la sola stimolazione della mucosa orale attraverso la suzione, per cui il bisogno di ripetere il soddisfacimento sessuale non è più collegato al bisogno di nutrizione. Il bambino per succhiare non si serve di un oggetto estraneo ma di una parte del suo corpo. Questo lo rende indipendente dal mondo esterno, che è ancora incapace di dominare, e dal quale quindi si ritrae.

La seconda fase pregenitale è organizzata intorno all’analità; l’attività sessuale in questo momento è indirizzata al raggiungimento del controllo degli sfinteri. Il bambino utilizza l’eccitabilità erogena della zona anale con la ritenzione delle masse fecali e la successiva espulsione. Questa attività ha anche un altro importante significato. La massa fecale rappresenta infatti il primo “regalo” che il bambino fa al mondo esterno, alla madre in particolare, mostrando la sua docilità e accondiscendenza. Egli però può anche rifiutarsi di concedere il suo “regalo” esprimendo, in questo modo, ostilità nei confronti del suo ambiente. Così il bambino comincia a relazionarsi al mondo esterno, ad una realtà che può essere fonte di piacere ma che può anche essere frustrante (principio di realtà)
La terza fase dello sviluppo psicosessuale è denominata fallica. La zona erogena dominante è quella genitale; l’attività che provoca piacere è la stimolazione dei genitali. Questa rientra, in un primo momento, nelle normali pratiche igieniche assolte dalla madre, ma diventa poi per il bambino un’attività masturbatoria. In quest’epoca, dai tre ai cinque anni, quando la vita sessuale del bambino raggiunge la sua prima fioritura, subentra anche la pulsione di sapere che è, inaspettatamente presto, relativa a problemi sessuali.
Una delle prime teorie sessuali infantili è la credenza della presenza di un unico organo genitale, il pene. La convinzione dell’esistenza del solo genitale maschile viene energicamente mantenuta dal maschio e l’evidenza di un genitale femminile alimenta in lui la fantasia del complesso di evirazione (paura che la femmina sia stata evirata per punizione).
Anche per la femmina si può parlare di complesso di evirazione che si manifesta con sentimenti di odio nei confronti della madre e di maggiore investimento libidico nei confronti del padre. La scelta di un secondo oggetto d’amore (il padre) in sostituzione del primo (la madre) è alla base della corretta scelta oggettuale sessuale che avviene con la pubertà.
La prima fantasia che nutre la bambina è quella di essere “posseduta” dal padre e di sostituirsi alla madre, fantasia che viene gradualmente abbandonata durante la pubertà con la ricerca, al di fuori del nucleo familiare, di un sostituto paterno, su cui indirizzare il proprio investimento libidico. Questo corrisponde all’organizzazione del complesso di Edipo per la bambina. Freud però ha dedicato maggiore attenzione alla spiegazione del complesso edipico vissuto dal bambino.

Il primo oggetto d’amore, la madre, riceve un investimento maggiore da parte del figlio maschio. Il padre costituisce un impedimento alla realizzazione di questi desideri e ciò genera il complesso edipico. L’identificazione con il padre assume ora una coloritura ostile. Il padre, in quanto amante della madre, detiene il posto che il bambino desidera usurpargli. Egli ha, dunque, la funzione di impedire al bambino la realizzazione del desiderio che la madre “sia tutta per lui”. Sotto la minaccia della castrazione, il bambino abbandona la fantasia di uccidere il padre, per sostituirsi ad esso, e trasforma l’odio e l’ostilità che prova nei suoi confronti in amore. In questo modo il complesso edipico si risolve in una corretta “identificazione positiva” con il padre. A livello cosciente il bambino comincia a nutrire forti sentimenti di affetto e ammirazione nei suoi confronti, ovvero egli desidera essere come lui, non più sostituirsi a lui.
A livello intrapsichico il complesso di Edipo ha come conseguenza la costituzione dell’istanza psichica del Super-io. Oltre ad una connotazione di ideale, il Super-io contiene anche il divieto: “Così (come il padre) non ti è permesso essere”. Poiché il padre è l’ostacolo che impedisce la realizzazione dei desideri edipici, l’Io infantile per superarlo erge in sé questo ostacolo. Il Super-io, esercitando il suo dominio sull’Io sotto forma di coscienza morale, assolve le funzioni di autosservazione, di critica, di punizione e pone dei traguardi ideali. Quanto più forte è stato il complesso edipico e quanto più rapidamente si è compiuta la sua rimozione, tanto più severo diventa il Super-io.

I MECCANISMI DI DIFESA

Le esperienze individuali, positive o negative, provocano una continua ridefinizione dell’assetto dell’individuo. L’equilibrio psichico è affidato il più delle volte al funzionamento dei meccanismi di difesa. Il loro scopo è infatti quello di mantenere un’omeostasi psichica che permetta all’Io di continuare a funzionare in modo autonomo.
I meccanismi di difesa sono processi psichici, spesso seguiti da una risposta comportamentale, che ogni individuo mette in atto più o meno automaticamente per affrontare le situazioni stressanti e mediare i conflitti che generano dallo scontro tra impulsi, desideri e affetti da una parte e proibizioni interne e/o condizioni della realtà esterna dall’altra.
Per il benessere psichico è fondamentale che l’Io (cioè la funzione psichica su cui si fonda il rapporto del soggetto con il mondo interno ed il mondo esterno) possa funzionare nel modo più armonico possibile.
L’Io, che è il principale mediatore dei conflitti, deve potersi adattare alle sollecitazioni del mondo esterno ed ai cambiamenti. Le risposte patologiche all’angoscia nascono quando la personalità non è sufficientemente strutturata e matura per impiegare difese adeguate.

I meccanismi di difesa:

Possono essere definiti come sentimenti, pensieri o comportamenti inconsci che sorgono in risposta a percezioni di pericoli psichici;

Costituiscono la risposta per eliminare o alleviare le situazioni di conflitto o di stress (che derivano sia dal mondo interno che dalla realtà esterna);

Rappresentano lo strumento preferenziale con cui il soggetto gestisce gli istinti e gli affetti;

Sono generalmente automatici: funzionano senza la consapevolezza del soggetto;

Possono essere adattivi o patologici a seconda della loro rigidità, della loro intensità, e del contesto in cui agiscono;

Gli individui tendono a “specializzarsi” utilizzando le medesime difese nelle stesse situazioni.

Principali meccanismi di difesa:

Ø Formazione reattiva: il soggetto percepisce come inaccettabili i propri comportamenti, pensieri o sentimenti, e li sostituisce con equivalenti diametralmente opposti. Così il soggetto evita sentimenti di colpa inaccettabili;

Ø Idealizzazione: il soggetto attribuisce a sé o ad altri caratteristiche esageratamente positive;

Ø Intellettualizzazione: il soggetto si orienta verso un pensiero eccessivamente astratto per evitare di provare sentimenti per lui disturbanti;

Ø Isolamento: il soggetto è incapace di sperimentare contemporaneamente le componenti cognitiva ed affettiva di un’esperienza e quindi sottrae alla coscienza la tonalità affettiva;

Ø Negazione/diniego: il soggetto non riesce a riconoscere certi aspetti della realtà che sono invece evidenti per gli altri;

Ø Onnipotenza: il soggetto reagisce ad un conflitto emotivo o a fonti di stress comportandosi come se fosse superiore agli altri, o possedesse speciali poteri e capacità;

Ø Proiezione: il soggetto attribuisce ad altri i propri sentimenti, impulsi o pensieri inconsci, senza rendersene conto.

Ø Razionalizzazione: il soggetto inventa, circa il comportamento proprio o altrui, spiegazioni rassicuranti o funzionali a se stesso, ma non corrette.


Ø Repressione: il soggetto rimanda o evita intenzionalmente di pensare a problemi, desideri, sentimenti, pensieri o esperienze disturbanti;

Ø Rimozione: il soggetto è incapace di ricordare o di essere cognitivamente consapevole dei desideri, sentimenti, pensieri o esperienze disturbanti.

Ø Scissione: il soggetto vede se stesso o gli altri come interamente buoni o cattivi, non riuscendo ad integrare gli aspetti positivi e negativi di sé e degli altri in immagini coerenti; spesso idealizza e svaluta la stessa persona.

Ø Spostamento: il soggetto generalizza o dirotta un sentimento per un oggetto verso un altro oggetto solitamente meno temuto.

Ø Svalutazione: il soggetto attribuisce a sé o ad altri caratteristiche esageratamente negative.

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